Scuole di italiano per stranieri Caritas. Una fraternità che cresce

In collaborazione con MASCI, ACLI Genova e molte altre realtà sul territorio

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9 scuole in tutta Genova, 410 allievi, più di 110 volontari per il supporto linguistico. Soprattutto un’esperienza ecclesiale di accoglienza fraterna che costruisce reti sociali e fa crescere la capacità inclusiva della città. Sono le Scuole di italiano per stranieri adulti promosse dalla Caritas Diocesana in collaborazione con MASCI – Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani, ACLI Genova e molte altre realtà sul territorio.

Sorte con l’emergenza Ucraina nel 2022, ben presto le scuole si sono allargate a tutte le nazionalità, potendo contare sulla collaborazione di un numero crescente di realtà coinvolte (Centri di Ascolto, parrocchie, enti ecclesiali, enti di Terzo settore).

Marco Pinna è un volto storico del MASCI e coordina tutta l’iniziativa per la Caritas Diocesana: “Stiamo sviluppando un lavoro capillare e impegnativo che ci coinvolge in modo crescente ogni mese nei numeri, nel coordinamento, nella formazione dei volontari, nelle prospettive, nel supporto alla persona. Per l’anno 2023/24 abbiamo riaperto le scuole degli anni precedenti e ne abbiamo avviate di nuove: alle scuole di Via della Consolazione presso i Padri Agostiniani, di Quarto presso il Centro Pastorale Frassati e di Rivarolo presso l’Istituto Santa Dorotea, si aggiungono oggi le scuole presso le Case di Quartiere di Certosa e di Oregina, le Parrocchie Virgo Potens, Spirito Santo e N.S. Assunta a Sestri Ponente, l’ACLI Liguria in Vico Falamonica e il Centro Banchi in Piazza de Marini, in Centro Storico.”

L’obiettivo primario è naturalmente quello di insegnare la lingua italiana nei vari livelli di apprendimento dal Prealfa al B1 ma le scuole sono anche il luogo in cui trasmettere agli allievi quel bagaglio di conoscenze e familiarità con il contesto cittadino che facilita un inserimento concreto:  “Si va dai grandi architravi dell’esercizio della cittadinanza in Italia – raccontano i volontari – alle cose di tutti i giorni. Mentre insegniamo la lingua spieghiamo la Costituzione italiana con diritti e doveri, affrontiamo la storia, la geografia, l’educazione civica, la disciplina del lavoro ma introduciamo gli allievi anche ad alcuni aspetti pratici quotidiani come la stesura di un curriculum vitae o, per esempio, la corretta raccolta differenziata.”

Un impegno educativo e formativo prezioso, a cui si riferiscono molte realtà di accoglienza delle persone straniere, anche rifugiate e richiedenti asilo: “Oltre che dallo Sportello di Accoglienza della nostra Caritas, dai Centri di Ascolto Vicariali e da alcune parrocchie – spiega Giuseppe Armas, direttore della Caritas Diocesana di Genova – gli allievi vengono indirizzati alle diverse scuole dai Centri di Accoglienza Straordinaria CAS, dal Sistema di Accoglienza e Integrazione SAI, dalle ACLI, dal Celivo. La propensione solidale di tanti volontari e la capacità di fare rete tra realtà ecclesiali e sociali provano a supplire al vuoto lasciato dalle politiche di integrazione, con il taglio dei finanziamenti all’accompagnamento educativo e all’effettivo inserimento delle persone straniere richiedenti asilo e rifugiate”.

“Per me è un onore sapere che nel mondo ci sono ancora persone che hanno la vocazione al servizio – ha scritto un allievo di 29 anni che viene dal Peru – qualcosa che dà speranza a tanti che ne hanno bisogno. Non è facile emigrare e uscire di casa quando il pericolo è dietro ogni angolo. L’Italia è un paese che sta diventando una seconda casa, mi piace moltissimo e anche la lingua è elegante. Sono molto grato a Dio e a voi! Grazie mille!”.

“Questo nostro servizio arricchisce, restituisce il centuplo di quanto noi offriamo – conclude Marco Pinna -. Come volontari ci siamo preparati non soltanto sulla grammatica italiana ma su come essere operatori di pace, testimoni del Vangelo, su come creare ed essere animatori di comunità. Il numero degli allievi cresce, c’è ancora spazio e necessità di altri volontari: chiunque fosse interessato può contattare la Caritas Diocesana. Un gesto semplice che io stesso mi sono trovato a fare quando telefonai in Caritas poco dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, per mettermi a disposizione di quella emergenza. Se considero ciò che oggi ne è derivato ho ancora una volta la conferma che il bene comune dipende dal primo passo che ciascuno di noi è disposto a fare.”