Report Caritas 2015 sulla povertà a Genova

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500 volontari attivi, oltre 8.600 persone ascoltate in un anno, più di 1.300.000 euro erogati, in particolare per i costi legati alle spese dell’abitare. Sono i dati principali contenuti nel Report 2015 sulle povertà rilevate dai 38 Centri di Ascolto Vicariali, curato dall’Osservatorio delle povertà e delle risorse della Caritas Diocesana. Eppure l’attività dei Centri di Ascolto è molto più che una semplice erogazione di denaro: mette al centro la relazione, ascolta la persona in difficoltà per comprendere, insieme alla persona stessa e ben oltre i suoi bisogni immediati, come intraprendere un percorso di promozione che conduca alla uscita del disagio, almeno nella sua fase acuta.

Le persone ascoltate. Sono donne per il 65,6%, italiani per il 60%, con famiglia al 91%. Rispetto agli anni precedenti aumenta la presenza maschile e la percentuale delle persone italiane. Un focus è dedicato ai figli che vivono in famiglie in difficoltà, spesso più che maggiorenni ma non ancora autonomi o tornati a vivere in famiglia perché non più in grado di pagare un affitto autonomo.

I problemi rilevati. Perdita del lavoro, ritardi nel pagamento degli stipendi o pagamenti parziali, lavoro autonomo precario; mancanza di salute ma anche, specie per le famiglie straniere, nuove nascite che comportano per la mamma una momentanea astensione dal lavoro; morosità e sfratto, coabitazione forzata, alloggi inadeguati; stati ansiosi, causati dal permanere dei problemi o già in essere, che  possono trasformarsi in depressioni, meno cura nell’alimentazione, nella scolarità dei figli, a volte conflitti familiari.

Il reddito e l’affitto. Il 18% non ha alcun reddito e una identica percentuale ha un reddito comunque inferiore a 300 euro. Il 25% delle famiglie ha un affitto che supera il 70% delle proprie entrate. 

La condizione professionale. Gli occupati sono il 14,3% del totale, i pensionati sono l’11,6%, le casalinghe il 9,8% , l’1% circa sono gli studenti e il 3% circa sono gli inabili al lavoro. Il restante 60% circa risulta disoccupato. 

Titolo di studio. Meno del 20% delle persone ha un titolo di studio: laurea, diploma o diploma professionale. Se il titolo non mette al riparo dalla povertà si può comunque desumere che la sua mancanza quasi sicuramente la genera.

Accanto ai doverosi interventi di sostegno nella necessità estrema, appare sempre più urgente:
– avviare interventi di recupero e promozione sociale nel lungo periodo
– avviare iniziative per la casa che assicurino alle famiglie la certezza del tetto e delle mura dove custodire la propria intimità; 
– sostenere l’imprenditoria in un momento in cui l’antico concetto di “posto di lavoro” non esiste più;
– favorire l’accompagnamento relazionale per non emarginare le famiglie disagiate dalla società, dal vicinato, dalla comunità cristiana.

(Nella foto: un momento della conferenza stampa a Casa della Giovane)