III Giornata Mondiale dei Poveri. Tappa di un cammino.

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Sabato 16 e Domenica 17 Novembre anche la Diocesi di Genova ha celebrato la III Giornata Mondiale dei Poveri. Come noto, non si tratta di una ricorrenza da vivere in modo estemporaneo, l’occasione per “fare qualcosa di buono per i poveri” ma è l’opportunità per verificare e rilanciare la quotidiana relazione personale e comunitaria “con” i poveri, a partire dalla considerazione della propria povertà, illuminata da Gesù. È tappa di un “cammino in continuità – ha sottolineato S.E. il Card. Angelo Bagnasco, nell’omelia pronunciata presso il Santuario di Virgo Potens, sabato sera -, il cammino della Diocesi nel servizio di carità e il cammino dei fratelli bisognosi di sostegno verso una vita autonoma e dignitosa”. In quest’ottica si leggono le due iniziative a carattere diocesano che hanno segnato la Giornata: l’inaugurazione di una nuova Opera-Segno per l’accoglienza di tre persone presso il Santuario di Virgo Potens, sabato 16, e i tre pranzi di Domenica 17 cui hanno partecipato circa 500 persone, presso il Monastero dei SS. Giacomo e Filippo, la Casa della Giovane e la Parrocchia delle Vigne. Inoltre, in molte parrocchie e presso realtà che si dedicano al servizio dei poveri, si sono svolti pranzi simili, con l’intento di fare comunità con le persone in difficoltà nei singoli territori.

 


L’OPERA SEGNO DI VIRGO POTENS

“Si tratta di opere religiose – ha sottolineato l’Arcivescovo di Genova, durante la celebrazione che ha preceduto la benedizione della nuova accoglienza di Virgo Potens – perché nascono dall’amore di Dio per noi e che noi siamo chiamati a portare ai fratelli. Ridurre il cristianesimo ad una generica solidarietà sociale, infatti, è svuotare la Croce perché Gesù è venuto per qualcosa di più grande che la sola condivisione della nostra povertà: è venuto per darci la vita e l’amore di Dio.” La nuova accoglienza ricavata in un’ala del chiostro del Santuario di Virgo Potens a Sestri Ponente è “opera-segno” di questo amore evangelico, “in continuità” con le due accoglienze notturne delle Vigne e di Bolzaneto già avviate negli anni scorsi in Diocesi, dopo il Convegno Eucaristico del 2016. A Sestri potranno “fare casa” – questo il titolo e il senso dell’iniziativa – tre persone ormai all’ultimo tratto della riconquista di una piena autonomia. Tre camerette, il soggiorno, la cucina e il bagno, tutto perfettamente ristrutturato, arredato con sobrietà e buon gusto, molto accogliente, in comunicazione diretta con lo splendido chiostro del Santuario: una casa riparata e al tempo stesso nel cuore della vita della comunità, perché sarà proprio la comunità e le sue relazioni con le persone accolte il valore aggiunto e ‘cristiano’ di quest’opera. “La nostra parrocchia e il nostro Vicariato – ha ricordato don Giovanni Benvenuto, parroco di Virgo Potens – già da tempo sono impegnati con turni di volontariato nell’accoglienza notturna di Bolzaneto. Oggi siamo lieti che non solo le persone, ma la nostra stessa struttura parrocchiale diventi testimonianza di carità fattiva. Speriamo che queste tre persone diventino presto parte della nostra comunità”.


BAGNASCO: “FARE CASA E’ PORTARE L’AMORE DI DIO”
Hanno davvero reso la concretezza della comunità i tanti parrocchiani convenuti per la Celebrazione Eucaristica e l’inaugurazione, espressione delle diverse articolazioni della parrocchia, dai giovani del coro e del servizio all’altare ai catechisti, dal gruppo AC alla Caritas parrocchiale. “Quanta bellezza nella parola ‘casa’ – ha sottolineato davanti a loro il Card. Bagnasco nell’omelia -. Significa rete di attenzioni, cura, affetto, benevolenza. Ecco: aiutare questi fratelli a ‘fare casa’ è un’opera che non risponde solo al bisogno immediato ma avrà l’obiettivo di aiutarli a reinserirsi nel cammino della vita, di accompagnarli verso una ritrovata autonomia. Abbiamo tutti questo bisogno di essere accompagnati e, ad un tempo, di vivere la nostra autonomia. La nostra dignità desidera giustamente questa indipendenza. Questa realizzazione, però, è anche un’opera religiosa, non dimentichiamolo mai. Nasce dall’amore di Dio per noi e tramite noi diventa amore per il fratello. Con essa soccorriamo il corpo ma soprattutto l’anima. Perché possiamo essere sazi nel corpo ma infelici nell’anima e, al contrario, si può essere poveri di cose ma felici. Infatti, questa felicità è di un altro ordine. È Cristo che si è rivelato come luce di Dio. E dunque questa casa sia riverbero della luce di Dio. È quello che dobbiamo desiderare per noi e, senza egoismi, per tutti. Cosa sarebbe la nostra vita senza il calore dell’amore? Saremmo perduti, come legno secco in mezzo al gelo. Ma, cari amici, si fa presto a parlare di amore, se ne parla spesso male e forse troppo. L’amore è una cosa pericolosa, lasciatemi dire così. Non si può banalizzare come non si banalizza il male. Siamo oggetti dell’amore di Dio e ne siamo protagonisti verso Dio. Per questo è pericoloso, perché ci coinvolge interamente e chiede perseveranza e fiducia incondizionata malgrado le fatiche. L’amore ha le sue fatiche, non è solo gratificante e sentimentale, è molto di più. È uscire sempre da noi stessi per affidarci a Dio. Ma come si fa, considerati i limiti nostri e altrui? Colui che ci chiede di amarlo con tutto noi stessi e in tutte le età e che ci chiede di amarlo in modo così impossibile per le nostre forze, è Egli stesso la sorgente della nostra forza. Non è impossibile perché con noi è in gioco Dio stesso. E capire questo è semplice, basta guardare i vostri bimbi: non imparano ad amare sui libri ma sentendosi amati. Non c’è altra strada. E così Dio ci insegna ad amarci amandoci fino alla follia. E ci insegna ad amare gli altri amandoci senza misura. Sta qui la nostra fonte. Non basta la nostra buona volontà, è necessaria ma ha bisogno di un aiuto soprannaturale. Devo lasciarmi amare da Dio altrimenti non imparerò mai ad amare davvero. Chiediamoci: mi lascio io amare da Dio? Mi arrendo a Lui? Mi consegno, mi abbandono a Lui come Gesù si è abbandonato al Padre? Per Gesù ‘fare la sua volontà’ è la sua stessa vita. Non porre resistenza a Dio ma fare la sua volontà. È un discorso difficile e pericoloso perché la mentalità odierna non vuol sentirsi dire di abbandonarsi e di consegnarsi. Nega la dipendenza, la dipendenza dall’amore. È un’aria che respiriamo tutti ma è ingannevole. Dobbiamo bucare questa foresta ingannevole che la nostra cultura ci oppone.”


PRANZI CHE SANNO DI VANGELO

La Giornata Mondiale dei Poveri è appunto questo buco nella foresta ingannevole, fuori dall’indifferenza, verso le periferie. Questo sono stati anche i tre pranzi, cui hanno partecipato circa 600 persone al Monastero dei SS. Giacomo e Filippo, a Casa della Giovane e alla parrocchia delle Vigne, tre luoghi sensibili e visibili della carità quotidiana della Diocesi. Occasioni molto semplici per fare la volontà del Padre: riconoscersi poveri più che servire i poveri, ‘stare con’, porsi in relazione, consegnarsi gli uni agli altri sedendosi a tavola, luogo di Vangelo. Trofie al pesto, arrosto e patate, dolce, chiacchiere gomito a gomito per riscoprirsi fratelli. Persone e famiglie in difficoltà, volontari, operatori sociali, sacerdoti, diaconi – al Monastero Mons. Marco Doldi, Vicario Generale, e don Alessandro Campanella, parroco di San Fruttuoso; alle Vigne il parroco e Vescovo Ausiliare Mons. Nicolò Anselmi con il curato don Matteo Conte e Mons. Marino Poggi, direttore Caritas Genova; a Casa della Giovane Padre Andrea Decaroli, parroco di San Siro in Centro Storico e il diacono Franco Catani, condirettore Caritas Genova. Tutti insieme, per ripetere a sé stessi e ad ogni persona di buona volontà che, come ha ricordato Papa Francesco indicando il titolo di questa III Giornata Mondiale, “la speranza dei poveri non sarà mai delusa”. 

Articolo pubblicato su Il Cittadino nr. 44 del 24/11/2019