Il rischio idrogeologico
Il dissesto idrogeologico rappresenta per il nostro Paese un problema di notevole rilevanza, visti gli ingenti danni arrecati ai beni e, soprattutto, la perdita di moltissime vite umane. In Italia il rischio idrogeologico è diffuso in modo capillare e si presenta in modo differente a seconda dell’assetto geomorfologia del territorio: frane, esondazioni e dissesti morfologici di carattere torrentizio, trasporto di massa lungo le conoidi nelle zone montane e collinari, esondazioni e sprofondamenti nelle zone collinari e di pianura. Tra i fattori naturali che predispongono il nostro territorio a frane ed alluvioni, rientra senza dubbio la conformazione geologica e geomorfologica, caratterizzata da un’orografia giovane e da rilievi in via di sollevamento.
Tuttavia il rischio idrogeologico è stato fortemente condizionato dall’azione dell’uomo e dalle continue modifiche del territorio che hanno, da un lato, incrementato la possibilità di accadimento dei fenomeni e, dall’altro, aumentato la presenza di beni e di persone nelle zone dove tali eventi erano possibili e si sono poi manifestati, a volte con effetti catastrofici. L’abbandono dei terreni montani, l’abusivismo edilizio, il continuo disboscamento, l’uso di tecniche agricole poco rispettose dell’ambiente, l’apertura di cave di prestito, l’occupazione di zone di pertinenza fluviale, l’estrazione incontrollata di fluidi (acqua e gas) dal sottosuolo, il prelievo abusivo di inerti dagli alvei fluviali, la mancata manutenzione dei versanti e dei corsi d’acqua hanno sicuramente aggravato il dissesto e messo ulteriormente in evidenza la fragilità del territorio italiano. Il continuo verificarsi di questi episodi ha indotto una politica di gestione del rischio che affrontasse il problema non solo durante le emergenze.
Si è così passati da una impostazione di base incentrata sulla riparazione dei danni e sull’erogazione di provvidenze, ad una cultura di previsione e prevenzione, diffusa a vari livelli, imperniata sull’individuazione delle condizioni di rischio e volta all’adozione di interventi finalizzati alla minimizzazione dell’impatto degli eventi.
Alluvioni
Le alluvioni sono tra le manifestazioni più tipiche del dissesto idrogeologico e sono causate da un corso d’acqua che, arricchitosi con una portata superiore a quella prevista, rompe le arginature oppure tracima sopra di esse, invadendo la zona circostante ed arrecando danni ad edifici, insediamenti industriali, vie di comunicazione, zone agricole, etc. Le alluvioni più importanti che hanno interessato l’Italia e che hanno comportato un pesante bilancio sia in termini di vite umane che di danni, sono state quelle del Po nel Polesine (1951), dell’Arno (1966) e del Po nel Nord Italia (1994 e 2000).
Non possiamo non ricordare le disastrose e luttuose alluvioni accadute sul territorio genovese con un accadimento e una frequenza impressionante: recentissime sono quelle accadute nell’ottobre 2014, nel novembre del 2011, seguita a quelle del 1992, 1977, 1977, 1976, 1970, 1966, 1953, 1951, 1951 e 1945, solo per citare gli eventi del dopoguerra.
Rischio incendi diffusi
Molte grandi città, soprattutto nel passato, sono state colpite e distrutte da incendi diffusi (Londra nel 1566, Mosca nel 1812, San Francisco nel 1906, Tokio nel 1923). Più recentemente grandissimi incendi hanno distrutto grandi aree coperte da foreste: nel 1982 un gigantesco incendio ha cancellato 37 mila chilometri quadrati di foresta nell’isola di Borneo. Nel 1994 un incendio ha devastato 600 mila ettari della foresta che circonda la città di Sidney in Australia. Hanno fatto notizia gli incendi avvenuti negli USA nell’inverno del 2007, forse perché hanno colpito la villa di qualche stella del cinema. In realtà dovrebbero fare notizia perché sono in netto aumento. Si riscontra una stretta correlazione tra l’aumento del numero e dell’estensione degli incendi e i mutamenti climatici.
La crescita degli incendi è dovuta essenzialmente a tre fattori:
– maggiore siccità
– primavera più calda e anticipata
– aumento di temperatura.
In Italia esiste un patrimonio forestale tra i più importanti d’Europa per ampiezza (i boschi ricoprono oltre 9,8 milioni di ettari del territorio, pari a circa il 32% dell’intera superficie nazionale) e varietà di specie, costituisce un’immensa ricchezza per l’ambiente e l’economia, per l’equilibrio del territorio, per la conservazione della biodiversità e del paesaggio. Tuttavia ogni anno assistiamo all’incendio di migliaia di ettari di bosco, molto spesso dovuto a cause dolose, legate alla speculazione edilizia, o all’incuria e alla disattenzione dell’uomo. Le conseguenze per l’equilibrio naturale sono gravissime e i tempi per il riassetto dell’ecosistema molto lunghi. Negli ultimi 20 anni gli incendi boschivi hanno distrutto circa un milione e centomila ettari di superficie boscata: un’estensione superiore a quella dell’Abruzzo. Le regioni più colpite dagli incendi sono: Sardegna, Calabria e Puglia.
Oggi, per effetto di una decisa campagna di sensibilizzazione e grazie a una migliore organizzazione del complesso apparato antincendio delle Regioni e dello Stato, il rischio, pur sempre molto alto, sembra diminuire di proporzione: si è passati dai 190.640 ettari bruciati nel 1985 ai 76.427 nel 2001.