La riflessione di Don Marino

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Da dove vengo e dove vado?

Questa è la domanda che ha percorso i millenni e ha aiutato gli uomini a tracciare le prime strade. Sono state le necessità materiali a spingere “altrove”, ma anche una ricerca di senso, la gioia di incontrarsi, il bisogno di saggiare le proprie forze nel costruire qualcosa di nuovo.

 

La Bibbia ci parla di questa emigrazione da Oriente e della tentazione, che abita dall’inizio nel cuore dell’uomo, di costruire qualcosa di stabile, alto, inattaccabile, divino: la torre di Babele. Ma la costruzione di un luogo che ci difenda dal tempo è impossibile: sempre gli uomini emigreranno, parleranno lingue diverse, percorreranno strade già tracciate e ne faranno esistere di nuove.

Cosa è necessario sapere per considerare la condizione umana di “viandante” senza paura né rifiuti? Credo che sia necessario sapere se la partenza del viaggio è costretta oppure libera. Se è costretta dalle guerre e dalla fame ne siamo noi i responsabili e quindi siamo chiamati a intervenire sulle cause. È vergognoso far finta di non sapere! Se è libera, è giusto riflettere su come intervenire sugli strumenti di spostamento, i camion che attraversano i deserti o i barconi che affrontano il mare e su chi li sfrutta, ma una volta in movimento il viandante non perde la dignità di “uomo”, anzi nella sua fragilità esige una particolare attenzione.  

Un’espressione di questa attenzione è anche aiutarlo a porsi seriamente la domanda “da dove vengo e dove vado” per fare del suo cammino qualcosa di umano e non un’avventura disperata.