“Non possiamo immaginare un incontro con i poveri che non sia espressione di uno stile di vita comunitario per promuovere una vera cultura della carità”
di Gigi Borgiani
Direttore Fondazione Auxilium
Si scrive “Giornata” ma si legge “giornate”! Sì, perché dovremmo scrivere in agenda, ogni giorno: ricordati dei poveri, della povertà! La Giornata Mondiale dei poveri allora non è una ricorrenza da celebrare ma è una occasione in cui rivedere il nostro rapporto con i poveri e la povertà. Non si tratta di moltiplicare iniziative o, per un giorno, aumentare ore di volontariato. Lo spiega molto bene Papa Francesco nel messaggio: “L’impegno dei cristiani, in occasione di questa Giornata Mondiale e soprattutto nella vita ordinaria di ogni giorno, non consiste solo in iniziative di assistenza che, pur lodevoli e necessarie, devono mirare ad accrescere in ognuno l’attenzione piena che è dovuta ad ogni persona che si trova nel disagio. Questa attenzione d’amore è l’inizio di una vera preoccupazione… Per un giorno lasciamo in disparte le statistiche; i poveri non sono numeri a cui appellarsi per vantare opere e progetti.”
Per un giorno prima di pensare ai poveri ripensiamo, innanzitutto, alla nostra povertà. Non possiamo immaginare un incontro che non sia espressione di uno stile di vita e, nello stesso tempo, un impegno a 360° per promuovere una vera cultura della carità. La società attuale consuma e spreca; alimenta individualismo e indifferenza; persegue vie di progresso e benessere insostenibile (all’insegna del “di più è meglio” e del “tutto e subito”); guarda ad interessi individuali e immediati; riconosce solo l’io escludendo il tu ed il noi, escludendo l’altro. Comunque esso sia, l’altro è sempre un qualcuno che dà fastidio all’io, all’individuo.
Scrive Papa Francesco: “Non è facile essere testimoni della speranza cristiana nel contesto della cultura consumistica e dello scarto, sempre tesa ad accrescere un benessere superficiale ed effimero.” Non è facile in una realtà in cui “appare irragionevole pensare che la povertà e l’indigenza possano avere una forza salvifica”. Trasformo in domanda quanto il Papa scrive al paragrafo 9: nel cuore del Popolo di Dio in cammino, pulsa questa forza salvifica che non esclude nessuno e tutti coinvolge in un reale pellegrinaggio di conversione per riconoscere i poveri e amarli? Servire i poveri è “opzione fondamentale”, unico sbocco alla vita missionaria della Chiesa. Ancora una volta non siamo di fronte a parole di circostanza e di emergenza ma all’urgenza di recuperare una vita comunitaria cristiana che vive una missione salvifica. Deve essere recuperata la coscienza del battesimo.
“È necessario un cambiamento di mentalità per riscoprire l’essenziale e dare corpo e incisività all’annuncio del regno di Dio” (§ 7). Non si tratta quindi di rifare la facciata delle generosità e della solidarietà ma di prendere ben in considerazione il compito che abbiamo come credenti e battezzati di trasformare la vita personale e comunitaria. Si tratta di sperimentare l’avvio di comunità che non solo celebrano quello in cui credono ma lo professano.
Tratto da CN – Caritas Notizie / 228
Ottobre 2019