


Covid 19 e bisogno alimentare
FOOD HUB. QUEL CHE ABBIAMO FATTO
Sul fronte alimentare in tempo di Covid l’impegno più corposo per Caritas Diocesana è stato quello del Food Hub, un vero snodo per la distribuzione di alimenti, operativo da fine maggio a metà ottobre 2020 presso Casa della Giovane, in Centro Storico. In quel complesso già ordinariamente è attivo un centro cottura, gestito dalla cooperativa sociale Emmaus Genova, e per tre giorni la settimana, in tempi di normalità, opera la mensa per persone nel disagio, in collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio.
I DATI
Dall’inizio dell’emergenza Covid, la mensa è stata necessariamente trasformata in distribuzione di sacchetti alla porta ma la sua operatività è stata progressivamente ampliata con il crescere della richiesta, prima a 4 giorni e poi, con il mese di agosto, a 7 giorni su 7: in totale da gennaio al 15 ottobre sono stati distribuiti oltre 55 mila pasti. Il Food Hub ha poi aggiunto a questa distribuzione una serie di altri importanti impegni:
- ha distribuito - da giugno al 15 ottobre - 1.127 supporti alimentari raggiungendo 4.321 persone, inviate dallo Sportello di Accoglienza Caritas;
- da metà giugno a fine luglio, in coordinamento con il Comune di Genova, ha organizzato la distribuzione di circa 25.000 pasti provenienti dalla ristorazione scolastica a 17 tra mense di carità, punti di distribuzione e gruppi di strada;
- ha coordinato e distribuito donazioni alimentari da parte di varie aziende - molto rilevante il contributo del Gruppo MSC - per un totale di 9.800 kg di prodotti (8.000 kg solo di alimenti freschi) di cui hanno beneficiato 9 enti di carità della Diocesi.
IL LAVORO DI RETE
Il Food Hub ha assicurato un servizio di rete a diverse realtà attive nell’aiuto sul fronte alimentare, senza sovrapporsi ma anzi implementando e valorizzando quanto già fatto da altri. “Per noi - commenta Gianandrea Bianchi (Emmaus Genova) che ha coordinato l’Hub con grande professionalità e spirito di servizio - il lavoro di rete è stato più che un compito, è stato un metodo di lavoro che ci ha permesso di confrontarci con tante realtà presenti in diocesi, incontrare carismi e modi di fare nuovi e soprattutto sentirci a servizio di una solidarietà davvero ampia, che soccorre quanti più è possibile. Sul fronte interno, l’interazione con lo Sportello di Accoglienza Caritas e con l’Hub di Quartiere Auxilium ha reso più efficace la relazione di aiuto, ponendo al centro, prima del bisogno, la dignità della persona e della famiglia che chiedono il sostegno.”
Consulta il report completo: FOOD HUB_REPORT
Servizio Civile ed Esca. Food Hub: l’impegno che ti cambia
Fondamentale per l’operatività del Food Hub è stato l’apporto di Francesca, Blerta, Matilde - impegnate nel Servizio Civile Universale - e di Margherita - ESCA, Esperienza di Servizio, Comunità e Animazione - tutte in forza all’Area Giovani di Caritas Genova. “Erano ormai trascorsi due mesi dall’interruzione delle nostre attività - racconta Margherita Goretti (ESCA) -. Mesi di iniziale agitazione, confusione, paura, poi una lunga e silenziosa attesa, fino al giorno in cui sentii per la prima volta quello strano nome: Food Hub. Finalmente dopo così tanto tempo era arrivato il momento di mettersi in gioco, uscire di casa, rimboccarsi le maniche e... fare scorta di amuchina! Ammetto che ero dubbiosa, ancora angosciata da quel ‘senso di inutilità’ che nei mesi precedenti era diventato il mio compagno di giornate. Le domande iniziavano a farsi spazio tra i pensieri: mi faranno stare con le persone o vedrò solo scatole? Che significato ha il pacco alimentare? Non era stata superata da tempo la modalità assistenzialista? Il servizio iniziò con lunghi momenti di discussione e confronto su come organizzare gli spazi, il magazzino, le future accoglienze, passavamo le ore a Casa della Giovane a riordinare gli alimenti e a pensare alle schede per registrare le persone che sarebbero giunte. Ma quali? Quante? Quando? Poi arrivò il giorno dell’apertura delle porte, delle prime accoglienze e delle prime consegne dei pacchi alimentari. Ricordo ancora l’emozione provata nell’incrociare lo sguardo di una bambina senegalese che cercava un abbraccio, qualche parola ed un cioccolatino. Così, iniziarono a riempirsi le mattinate: un piccolo gesto, un incontro, qualche minuto d’ascolto, lo stupore di un bambino nel ricevere l’uovo di Pasqua (anche se a giugno), le risate dovute all’incomprensione linguistica, la stanchezza a fine servizio.”
“Questo servizio ci ha fatto sentire protagoniste rendendoci responsabili e attive nell’organizzazione - continua Matilde Malavolti, in Servizio Civile -. Ci siamo ritrovate ad avere a che fare con bisogni, richieste, comportamenti totalmente nuovi per noi e la comprensione non è stata immediata: è stato molto utile il confronto tra di noi su quello che vedevamo tutti i giorni e quello che scaturiva a livello emotivo. Eravamo a contatto diretto con le ripercussioni sociali del Covid sulle fasce di popolazione più emarginate. Alcune erano persone già viste, altre invece erano totalmente spaesate e non si erano mai ritrovate nella situazione di dover ritirare un pacco alimentare. Sono stati mesi molto intensi e inaspettati, pensavamo che sarebbe stata solo una breve parentesi del nostro anno di servizio civile. Invece tutto ciò ha profondamente influito sulla nostra concezione di solidarietà, a servizio della comunità del territorio.”
“Con il tempo ho capito - conclude Margherita - che anche il semplice pacco viveri può diventare uno strumento relazionale molto forte. Nel momento della consegna, infatti, è possibile offrire uno spazio prezioso alla persona che si trova lì davanti, iniziando a chiamarla per nome e a riconoscerla come tale. Spesso ci siamo sentite confuse, spaesate ed un po’ in difetto per la mancanza di risposte davanti all’enorme sofferenza che incontravamo. Poi, pian piano, si è fatta spazio l’idea di accettare i nostri limiti, di non andare alla ricerca di soluzioni pronte e perfette per ogni situazione ma, semplicemente, di esserci come siamo. Accogliere l’altro accettando di non comprendere tutto. Ci vuole tempo perché le cose arrivino e l’attesa non è tempo perso, ma tempo prezioso per ascoltarsi, osservarsi e pensarsi nel domani.”